L’intervista a Maria Letizia Compatangelo di EDOARDO MARIA FRANZA
l Cendic, Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea, associazione che conta più di 200 autori teatrali, si è fatta portavoce degli artisti Italiani, indirizzando al neo presidente del Consiglio una lettera-appello che pone l’accento sulla necessità di riaprire in sicurezza.
Sottoscritta da oltre venti associazioni, tra le quali ANAC, ANART, UNCLA, la lettera del Cendic chiede al Presidente Draghi di non dimenticarsi degli artisti Italiani, delle compagnie teatrali e di tutto il settore culturale, motore dell’Italia (tra il 2010 e 2018 ha prodotto il 6.1 % del PIL). C’è bisogno di investimenti su teatro, cinema e audiovisivo, danza e musica: non vogliamo solo ristori, vogliamo lavorare e produrre, scrivono i firmatari dell’appello, che si dicono pronti a ripartire in sicurezza.
La lettera termina con la richiesta di riformare il FUS, punto questo già affrontato dallo stesso Cendic durante il primo tavolo permanente per lo spettacolo.
Sull’ argomento abbiamo intervistato Maria Letizia Compatangelo Presidente Cendic.
L’appello, firmato da oltre 20 associazioni, in rappresentanza di migliaia di autori e artisti italiani, viene pubblicato a quasi un anno dalla decisione di chiudere Teatri e Cinema; finora poche e brevi sono state le riaperture, crede in un’inversione di rotta da parte di Draghi ?
Le parole di Draghi sulla cultura nella sua replica in Senato sembravano una risposta al nostro appello per lo spettacolo, alla richiesta di attenzione e investimenti da parte di tutto il settore. Per la prima volta abbiamo sentito parlare in un programma di Governo di spettacolo dal vivo, di capitale umano artistico, di spirito che deve essere preservato tanto quanto aziende e strutture.
L’inversione di rotta che tutti aspettiamo e auspichiamo da Draghi è la volontà di investire seriamente in un settore che può contribuire alla ripresa del Paese, sia come produttore di bellezza e di arte, sia come produttore di ragguardevoli quote di PIL.
Quello della cultura è un settore che è stato pesantemente colpito dalla crisi sanitaria, Cosa è stato fatto per sostenere gli artisti? Cosa di più poteva essere fatto ?
La crisi pandemica in atto ha messo in luce la condizione priva di tutele degli autori, degli artisti e delle maestranze. Si può lavorare tutta la vita nello spettacolo, essere apprezzati “maestri”, diventare professionisti richiesti e insostituibili… ma rimane comunque un lavoro discontinuo e atipico, e questo deve essere regolato in una Riforma Generale dello Spettacolo, che tenga conto delle diverse specificità e assicuri tutele e ammortizzatori sociali a tutti.
Gli autori sono stati particolarmente penalizzati, pur essendo all’origine della filiera creativa, perché restano spesso degli invisibili e dunque non “ristorabili”. Ma anche quando ciò sarebbe possibile non si pensa a loro. Faccio un esempio: perché a fianco dei ristori agli scritturati rimasti senza lavoro e ai teatri per i mancati incassi non è stato previsto anche un ristoro per gli autori che erano in quei cartelloni e contavano sull’introito di quei diritti per la loro sopravvivenza? Per questo è nata U.N.A. – Unione Nazionale Autori, di cui il CENDIC -Centro Nazionale di Drammaturgia Italiana Contemporanea- fa parte.
Per essere un punto di riferimento e difesa dei propri diritti per tutti gli autori: si tratta dell’Unione di 14 tra le più importanti associazioni di autori italiani di teatro, musica, cinema e audiovisivo, e insieme ci batteremo per il riconoscimento giuridico della nostra figura professionale.
Sono passati più di due mesi da quando CeNDIC e altre associazioni si sono sedute al 1° Tavolo Permanente dello Spettacolo dal vivo, il cinema e l’audiovisivo; tante le proposte che avete portato al tavolo, quanto è stato fatto da allora ?
Il Tavolo MIBAC per il Cinema e l’audiovisivo ha prodotto un interessante documento di sintesi delle varie istanze avanzate dalle associazioni, che tra l’altro riporta l’attenzione alla necessità di riforme strutturali, soprattutto sul versante dell’assistenza e previdenza.
Quest’esigenza è stata rilevata anche al Tavolo per lo Spettacolo dal Vivo, al quale erano presenti più di ottanta realtà artistiche e produttive: un panorama variegatissimo di richieste e proposte, per le quali invece non è ancora stata realizzata alcuna sintesi da parte del MIBAC, forse a causa del cambiamento al vertice della Direzione Generale, cui ha fatto seguito la crisi di governo.
Il 22 febbraio c’è una convocazione dei due Tavoli congiunti, vedremo cosa ci verrà prospettato. C’è molto lavoro da fare, perché la realtà non si ferma e da dicembre ad oggi la situazione del nostro settore è sempre più preoccupante. Noi siamo pronti a contribuire con le nostre proposte, sia come CENDIC, sia come U.N.A.
Il rimpasto dei ministri ha visto la conferma Di Dario Franceschini alla Cultura, soddisfatta della scelta del Premier ?
La continuità può essere un valore prezioso in un settore come il nostro, che richiede molto tempo e studio per essere conosciuto. Franceschini nel Governo Renzi scelse espressamente di andare al MIBACT, un Ministero all’epoca considerato minore. L’unico politico a farlo, a stimare la Cultura un motore per il Paese. Ora spero che come nuovo Ministro della Cultura, svincolato dal Turismo, se lo ricordi e possa dedicare più tempo ai nostri problemi. Ha già annunciato l’intenzione di riaprire in sicurezza i luoghi dello spettacolo, come tutti noi chiediamo e auspichiamo.
Mi auguro che si appassioni e consideri di più il “capitale umano” dello spettacolo, le persone che creano cultura per l’avvenire. E che presti più attenzione alle piccole e medie imprese, le più attive e capillarmente diffuse nel Paese, spesso vivaio delle proposte più artistiche e innovative.
La cultura e lo spettacolo non sono solo i grandi eventi e i personaggi famosi. Ma soprattutto spero che Franceschini prodighi nel nostro settore la sua capacità politica, perché i tecnici ministeriali possono fare molto ma il governo non va lasciato alle loro mani. Alla fine occorre un Ministro capace di fare sintesi nell’interesse di tutti.
L’Italia a “colori” pone tanta incertezza; a giudicare dai dati del Ministero, i prossimi mesi non saranno tutt’altro che rosei. Aprire si può? A che condizioni ?
Il virus purtroppo è ancora molto attivo e invasivo e nessuno ha la bacchetta magica. Resta prioritaria la campagna “massiva” di vaccinazione, come ha detto Draghi. Tuttavia è doveroso affrontare il problema della riapertura con una programmazione seria e concordata con le parti interessate. Lo spettacolo, che può apparire ad occhi estranei un mondo effimero, vive invece di ferree programmazioni. Io credo che riprenderemo un minimo di normalità con la stagione estiva. Le riaperture in sicurezza possono esserci e ci saranno: basta leggere i protocolli di sicurezza approntati dagli stessi lavoratori dello spettacolo per capire che entrare in un teatro o in un cinema è molto meno pericoloso di andare a fare la spesa o una passeggiata in centro. Non parliamo poi di spazi all’aperto! Bisogna spiegare questo alle persone, vincendo resistenze psicologiche e paure veramente immotivate.
Sanremo parte tra pochi giorni e quindi o si fa a porte chiuse – come tutte le trasmissioni televisive che ci hanno accompagnato nell’ultimo anno – oppure deve essere rimandato, se vogliamo essere un Paese serio.
Quindi non lo considero né una cosa né l’altra, solo l’unico modo per non affossare ulteriormente la musica italiana: cantanti, musicisti, compositori ed editori. Perché Sanremo è il Festival della musica italiana, prima di tutto. Sarà più difficile per gli artisti che dovranno esibirsi, e allora? Nessuno si è tirato indietro. La macchina si metterà in moto e coinvolgerà tantissimi lavoratori, ad ogni livello, e questa sarà un’ottima cosa. Le radio e le tv manderanno le canzoni, ci saranno i soliti “casi”, le solite scaramucce… ma magari ci sarà anche lo spazio per parlare alla Nazione della natura e dei problemi del mondo dello spettacolo… e questo sarà un bene.